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The Vaselines – Enter The Vaselines

vaselines-300x300Ad un certo punto, Kurt Cobain iniziò a sfruttare il successo che lo aveva investito per promuovere le sue band preferite. Tipo i Flipper, o appunto i Vaselines.

Riusciva a far ottenere loro contratti, concerti, o a far vendere dischi solo a parlarne nelle interviste. Quindi alcune di queste realtà, sotterranee ma artisticamente incredibili, vennero risucchiate in superficie dal clamore mediatico che i Nirvana riuscivano ad alzare.

Quando il trio di Seattle guadagnò le luci della ribalta, i Vaselines si erano da poco separati. Due ep (Son Of A Gun, Dying For It), un album, Dum Dum, e poi Eugene Kelly e Frances McKee avevano scazzato e nel tardo 1989 avevano deciso di piantarla lì.

L’anno dopo però i Nirvana arrivarono ad Edinburgo ed insistettero così tanto per averli come gruppo spalla che i due alla fine rimisero insieme la band, seppur solo per l’occasione. Poi di nuovo, Eugene Kelly raggiunse i Nirvana sul palco del Reading Festival nel 1992, e i Nirvana rilessero Jesus Don’t Want Me For A Sunbeam nel loro Unplugged in NY, oltre che Son Of A Gun e Molly’s Lips su Incesticide. Tutto questo per dire che probabilmente, non ci fossero stati i Nirvana, i Vaselines non avrebbero goduto delle attenzioni che tutt’ora meritano.

Ma sarebbe ingiusto parlare dei Vaselines solo come semplici protegé di Kurt Cobain (pur se una volta definì Eugene Kelly il suo scrittore preferito, e finì per chiamare sua figlia Frances). Tutta la storia della band di Edinburgo – ed inevitabilmente della scena indie scozzese anni ’80 – viene narrata nelle note di copertina di Enter The Vaselines, uscito nel 2009 per la Sub Pop. Due dischi: sul primo gli ep e l’album, sul secondo una raccolta di demo e due live (Bristol e Londra).

I Vaselines avevano un sound grezzissimo, povero, ma dannatamente melodico. Canzoni di amori malati e sfigati, e di sesso, che vivevano di chitarrine cheap e magari drum machines ancora più a buon mercato, e si nutrivano della contrapposizione voce maschile/voce femminile (vedi You Think You’re A Man).

Univano filastrocche nonsense a ritmi indiavolati e riverberi. Sapevano scrivere grandi canzoni che erano, fondamentalmente, prese per il culo (Jesus Don’t Want Me For A Sunbeam, che rifà il verso al motivetto da asilo di I’ll Be A Sunbeam). Insomma, gente cresciuta solo anagraficamente.

Continuarono con questo suono anche su Dum Dum (Rough Trade, 1989), pur se, inevitabilmente, con produzione un po’ più levigata. Il fuzz la fa da padrone, il revival Velvet Underground / Iggy Pop viene tradotto nella realtà deprimente della Edinburgo anni ’80 e shakerato con l’approccio tipico di chi se ne starebbe tutto il giorno a drogarsi davanti alla tv.

Il Live in Bristol pare registrato dalla sala (forse è così), meglio il Live in London (nel senso che almeno sembra un bootleg registrato attacandosi al mixer) e conferma che i Vaselines sapevano tradurre la loro potenza anche dal vivo (risultando anche incredibilmente quasi precisi in certi dettagli ritmici).

Arrivati in fondo a questo Enter The Vaselines non stupisce il fatto che i Vaselines avessero attirato l’attenzione dei Nirvana più di alcuni (pur ottimi) conterranei come i Pastels o gli Orange Juice. Dividevano le medesime dinamiche melodiche, quel misto di potenza e dolcezza che Cobain aveva portato il classifica. E del tutto inconsapevolmente, Eugene Kelly e Frances McKee contribuirono a stracciare le più comuni regole del pop/rock, e a creare un approccio originale e viscerale (altrimenti detto indie) alla musica.

Come molte band, negli ultimi anni i Vaselines si sono riuniti e hanno pubblicato un album lo scorso anno, Sex With An Ex. Ma, nenanche a dirlo, meglio lasciare perdere e consumare Enter The Vaselines.

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