Un esordio a dir poco folgorante, giù nel 2006 (l’ep A Lesson In Crime), che valse loro più di un paragone con gli Strokes: ingombrante e – soprattutto – non a fuoco.
Nel senso che sin da allora si intuiva che i Tokyo Police Club potessero essere qualcos’altro: se non di enormemente distante, quantomeno qualcosa di più curioso.
E così si sono confermati negli anni, attraverso un LP d’esordio (Elephant Shell) che un po’ ne imbrigliava lo scatto fulminante ma mostrava soluzioni diverse e confermava una scrittura profonda; un altro album – Champ, 2010 – un po’ sotto le aspettative; poi il progetto 10x10x10 (dieci cover, registrate in dieci giorni e scelte tra canzoni pubblicate nel periodo 2000-10), poi il silenzio.
Sono tornati dopo tre anni da quell’iniziativa con una canzone spiazzante, Argentina (Parts I, II, III): otto minuti e mezzo di hard pop che comprimono almeno tre diversi spunti melodici, chitarre dritte, cori, storia di spaiamenti post-adolescenziali e occasioni perdute. Perfetta nel suo mescolare animosità e vulnerabilità.
E così si apre Forcefield.
Bisogna dirlo, nulla è all’altezza di Argentina… – ma è più che altro a causa della lucida follia ed il coraggio di questa, non perché il resto sia stato concepito come puro contorno.
Però è come se i Tokyo Police Club avessero preso coscienza di non avere più vent’anni e quindi di non poter puntare (solo) sulla schiettezza dei suoni.
Allora si cimentano in una caccia alla melodia finora inedita: molte volte tornano a casa a mani piene, coniugando efficacia eleganza e amarezza (Hot Tonight, Miserable, Beaches, Feel The Effect), altre volte (semplicemente) paiono irresistibili canzoni (Toy Guns, Gonna Be Ready).
Morale, Forcefield fa egregiamente il suo dovere: riporta a galla i TPC e ci fa passare una mezz’ora abbondante di puro divertimento.
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