Djed: tanto basta. Venti minuti di ritmi (all’inizio) sinuosi e (poi sempre più) frammentari, di pulsioni kraut e rumori assortiti, di planate jazzistiche e basso pulsante, tutto tenuto insieme da una circolarità metallica e concreta che pare più di una volta essa stessa cadere in pezzi, fino a librarsi in volo esile come un giunco increspato, per poi sobbalzare e scomparire assorbita in un risucchio scomposto ed imprevisto e infine planare sulle note di uno xilofono.
Così i Tortoise, al loro secondo album, non solo crearono qualcosa di mai sentito prima di allora, ma – involontariamente – diedero linfa ad un intero movimento.
Insomma: ogni volta che vi chiederanno (o vi chiederete) che diavolo sia il post-rock tirate fuori Million Now Living Will Never Die, premete play e lasciatelo andare come una specie di rivelazione.
Sì, certo: anche i Mogwai ed anche Spiderland, che di Millions Now Living Will Never Die è il necessario presupposto, tanto che David Pajo migrò dagli Slint ai Tortoise giusto in tempo per creare questo capolavoro e giusto il tempo per pubblicare il successivo (non meno incredibile) TNT.
Ma, a differenza degli altri, con le loro trame ovattate ed esclusivamente strumentali, i Tortoise trascinano via in una specie di bozzolo empatico ed accogliente, anche se mai troppo quieto e sicuro.
Il resto di questo disco non è meno affascinante: Glass Museum, The Taut And Tame e Along The Banks Of Rivers soprattutto seguono traiettorie impreviste mischiando Morricone a improvvisate jazz, chitarre free form a rumori in caduta libera.
A vent’anni dalla sua pubblicazione, molti hanno tentato di tenere il passo con Millions …, senza riuscire mai a catturarne lo spirito completamente libero, l’approccio alieno e quel tocco con cui i Tortoise fanno ancora oggi apparire semplicissima una cosa in realtà ben complicata: l’originalità.
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