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Vampire Weekend – Father Of The Bride

Father Of The Bride vi farà traboccare il cuore e muovere i piedi. Vi farà piangere, e correre scalzi sull’erba.

Forse i Vampire Weekend sono sempre stati questo, ma l’avevamo scordato visto che non ne avevamo notizie da Modern Vampires Of The City, datato 2013.

Nel frattempo è passata un bel po’ d’acqua sotto i ponti, ovviamente; il cambio di etichetta, la dipartita amichevole di Rostam Batmanglij, Ezra Koenig che mette su famiglia e passa più tempo sulla west coast che nella sua New York perdendosi in un mare di suggestioni: poesia d’avanguardia, sonorizzazioni, la country music di Kacey Musgraves.

Alla fine per far quadrare tutto sono serviti diciotto brani/cinquantotto minuti di musica, cioè qualcosa di monumentale dati i tempi che corrono. E se il livello fosse quello delle prime cinque tracce, saremmo qui a stracciarci le vesti di fronte al miglior album della seconda decade del millennio (o qualcosa del genere). Così non è ma non si va troppo distante.

Father Of The Bride è il viaggio dell’età adulta affrontato portandosi appresso il notevole bagaglio di quello che è stata la gioventù.

È un equilibrio complesso, ben rappresentato dal fatto che questo disco cambia così tanti registri, anche nel giro di una manciata di secondi, da risultare profondamente affascinante ed allo stesso tempo disorientante: traiettorie gospel, country/folk, ritmi gioiosi e ritornelli catchy ed altri ancora jazzati si fondono con orizzonti sonori ben più liquidi. In certi passaggi l’uso del vocoder non atterra distante da 22, A Million.

Ogni tanto i Vampire Weekend si prendono troppo sul serio, ma sembra anche che se ne siano perfettamente resi conto ed abbiano deciso che in fondo va bene così. Si procede a strappi, mai a fatica, ed i tre duetti tra Ezra Koenig e Danielle Haim – che riecheggiano il binomio Johnny Cash/June Carter – sono una sorta di dialogo schietto tra innamorati inseparabili pur se ormai distanti: emergono in punti precisi come a non voler perdere il filo del discorso, come a significare che quello relazionale è un momento fondante e fondamentale della narrazione di sé dopo i trent’anni.

Esistono album che vanno bene solo per essere sentiti, altri che devono essere ascoltati. Father Of The Bride è entrambi.