È passato un anno e più dall’uscita di Silence Yourself, ma l’onda lunga di quel debutto così cazzuto ancora non si è esaurita.
Le Savages pubblicano in questi giorni (in digitale e 12″) l’EP Fuckers / Dream Baby Dream, un piccolo assaggio della furia che hanno scatenato sul palco del Forum di Londra nello scorso novembre.
E se Dream Baby Dream è “solo” una cover dei Suicide, Fuckers è un turbinio di quasi dieci minuti dal messaggio molto chiaro («don’t let the fuckers get you down…», una specie di mantra), scandito dal suono oscenamente cavernoso del basso e che va via via crescendo come un potente sabba sonico.
In realtà – racconta Jehnny Beth nel suo articolo My Year In Savages – «è una canzone per sentirsi intimamente connessi con ogni altro individuo nello stesso spazio, una canzone di comunione, il nostro tentativo di scrivere “musica utile”».
Non è l’unico (né il più importante) spunto che si può trovare in quello scritto: la frontwoman delle Savages si siede a riflettere su un anno intensissimo, vissuto portando in giro per i palchi di tutto il mondo quella musica, delle difficoltà e delle soddisfazioni legate a quella strada.
Di più, lascia forse intendere un cambiamento nell’atteggiamento della band nei confronti della realtà esterna: «la musica delle Savages – racconta – è stata pensata come una armatura. Quattro donne che affrontano il mondo, affrontano l’industria, protette dal loro suono, indistruttibili. E ha funzionato. Ci siamo presentate con un’estetica già ben definita, una visione chiara, un suono diretto. Alcuni direbbero in modo austero. Ma è stato il pubblico, in ogni parte del mondo, che mi ha fatto capire che era ok abbassare la guardia…».
Non che Fuckers sia un messaggio di pace e anzi, il muro del suono che le Savages alzano a (loro?) difesa è più vivo che mai; ma in quella danza quasi sensuale di Jehnny Beth, sul palco a piedi nudi, non c’è (più) traccia di austerità.
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