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artwork: Rubber Soul (1965)

«…ecco! Puoi farla venire fuori così?»
Chissà cosa pensò Robert Freeman quando i Fab Four, tra tutte le foto che stava mostrando loro, scelsero proprio questa.
Era lì a proiettare gli scatti del pomeriggio passato a casa di Lennon su un cartone, per simulare come sarebbe uscita la copertina dell’album. Finchè questo pezzo di cartone scivolò all’indietro, e di conseguenza l’immagine proiettata si deformò. Praticamente un incidente, ma che come spesso capitava entusiasmò John, Paul, George e Ringo.

Rubber Soul (1965) non è il primo LP contenente esclusivamente composizioni a firma Lennon/McCartney, ma è certamente quello della definitiva emancipazione. La tavolozza sonora inizia ad espandersi, la psichedelia a colorare le canzoni, i temi non sono più così innocenti, le droghe iniziano a girare. La rivoluzione inizia qui.
E’ un disco “di rottura” anche dal punto di vista dell’immagine che i Beatles trasmettono. Questo è il primo album dei quattro nel quale non è indicato nome della band (come succederà poi per RevolverAbbey RoadLet It Be). Ma soprattutto, sono finalmente quattro adulti, quelli che trovano posto in questa foto, e nessuno di loro guarda l’obiettivo a parte, distrattamente, John Lennon. Niente più bianco e nero, abiti classici, cravatte. Al loro posto giacche di pelle e colori decisi.

Il titolo incombe sulle teste dei Beatles, scritto in un font che diventerà il marchio di fabbrica del flower power, opera di Charles Front, il quale mai sarà ufficialmente accreditato per il lavoro: «se tocchi un albero della gomma, si forma una specie di bolla.. allora ho inziato a pensare ad una forma che la rappresentasse, che partisse stretta per poi arrotondarsi. Mi pagarono 26 sterline e  5 scellini».
Fu così fino al 2008, quando l’originale venne messo all’asta alla modica somma di 10.000 sterline: «per me, era solo un’altra cosa che avevo fatto, messo via, e dimenticato. Quando sono andato Bonhams [la casa d’aste, ndr] ho preso la metro e ho portato il disegno con me in una busta della spesa. Dopo averne scoperto il valore, me lo sono tenuto stretto in una custodia..».

Curiosamente, il titolo è ispirato a Mick Jagger. O meglio, è ispirato a come un qualche bluesman nero dell’epoca si era riferito al frontman degli Stones «… e Mick Jagger, cavolo. Beh, sai, sono bravi. Ma il loro è plastic soul».
Questa frase, letta da qualche parte da McCartney, innescò la scintilla. Il resto, come si dice, è storia.

3 comments on “artwork: Rubber Soul (1965)

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