Dischi Greatest Hits / Best Of

Aerosmith – Aerosmith’s Greatest Hits

Sul finire del 1980, quando fu pubblicato Aerosmith’s Greatest Hits, la popolarità della band di Steven Tyler era in caduta libera.

Joe Perry se n’era andato (o era stato licenziato) nel giugno dell’anno precedente, durante la lavorazione di Night In The Ruts; Tyler stesso non riusciva a tenersi insieme, per ragioni molto scontate.

In più il pubblico stava man mano abbandonando gli Aerosmith, che non vendevano più come prima e che faticavano a riempire i concerti – anzi non ci riuscivano proprio: capitava spesso che le date fossero spostate in luoghi più piccoli di quelli originariamente previsti. Di lì a poco anche Brad Whitford avrebbe mollato il colpo.

La storia è nota: il primo passo fu la riappacificazione con i due chitarristi, nel 1984; ancora qualche tempo e gli Aerosmith si sarebbero ritrovati in cima al mondo grazie alla collaborazione con i Run-DMC (1986); da lì poi otto anni di grandissimi successi (per brevità: sono quelli raccolti su Big Ones) e un ulteriore, clamoroso exploit sul finire degli anni ’90 (I Don’t Want To Miss A Thing), praticamente fuori tempo massimo.

Aerosmith’s Greatest Hits, dopo qualche tentennamento iniziale, cominciò a vendere in modo spropositato. Oggi siamo ad oltre dodici milioni di copie e la cosa ha perfettamente senso visto che, a conti fatti, si tratta di una delle migliori raccolte di sempre.

Anzitutto per la qualità del materiale, non seriamente discutibile.

Certo ci sono Dream On e Walk This Way, che rendono gli Aerosmith riconoscibili anche ai sordi. Ma si tratta anche di Same Old Song And Dance (la prima volta con una sezione di fiati, su suggerimento del produttore Jack Douglas), di Sweet Emotion che fu il loro primo brano nella top 40 (anche se qui gran parte del talk box di Perry è omesso, così come l’assolo finale – rimane la geniale linea di basso, ovviamente), della cavernosa Back In The Saddle e dei suoi continui ammiccamenti sessuali, della bizzarra ispirazione medievale che Steven Tyler tirò fuori per Kings And Queens.

Nel loro periodo d’oro, poi, anche nei momenti meno esaltanti si nascondeva qualcosa di buono: nel luglio del ’78 per gli Aerosmith la cover di Come Together fu un successo, mentre il film / musical dal quale fu tratta venne immediatamente bollato come un abominio; e per restare in tema, nella rilettura di Remember (Walking In The Sand) delle Shangri-Las, pur se non accreditata, compare Mary Weiss.

L’altra ragione che fa di Aerosmith’s Greatest Hits un disco esaltante è il fatto che fu messo insieme andando dritti al punto e tralasciando qualche altro singolo che comunque gli Aerosmith avevano pubblicato nell’arco di tempo preso in considerazione (19731979).

I suoi soli trentasette minuti, insomma, sono un meraviglioso prevalere dell’efficacia sulla verbosa completezza e finiscono per rispecchiare tutta l’adrenalina e l’esaltazione che una band come gli Aerosmith era stata in grado fin lì di trasmettere. Dodici milioni di copie vendute testimoniano che la cosa si ripete ogni volta, anche a molti anni di distanza.