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Coldplay – A Rush Of Blood To The Head

Dante divide il Paradiso in nove Cieli e sopra di essi sta l’Empireo, il luogo dove risiede Dio.

In musica ognuno ha la propria scala attraverso cui stimare beatitudine, purezza, vicinanza a Dio – e anzi persino sceglierselo, un Dio (o più d’uno, perché no?); resta il fatto che sarebbe oggettivamente disonesto depennare A Rush Of Blood To The Head da uno qualunque dei paradisi possibili.

Ora del secondo album, i Coldplay si vestirono di un candore euforico, nuovo rispetto all’ammaliante timidezza mostrata in Parachutes.

Un’estroversione sobria ma sottilmente incontenibile, una misura perfetta tra introspezione ed entusiasmo, data anche dal fatto di trovarsi all’apice delle proprie capacità compositive e di approcciare certi stilemi rock’n’roll con immensa grazia cantautorale.

Un album di undici classici, questo è A Rush Of Blood To The Head. Se in realtà un simile status non è comunemente riconosciuto a tutti i suoi brani è solo perché alcuni non hanno mai avuto airplay. Ma pensare anche solo per un attimo che al di là dei singoli si tratti di riempitivi è da stolti.

Una catena è tanto forte quanto il suo anello più debole, si dice. Lo stesso vale per i dischi e nel caso di questo album si fa fatica a pensare ad un solo episodio sottotono o addirittura espungibile.

Certo Chris Martin canta sempre d’amore e di fatto sono tutte variazioni sul tema o quasi. Ma d’altra parte anche Dante, anche la sua Divina Commedia si muoveva esattamente con quelle logiche.

Quale potrebbe mai essere, poi, l’anello debole? L’improvvisa coccola acustica di Green Eyes? L’ossessività percussiva di Politik? La generosa persuasività di Warning Sign? La frenesia di Daylight, magari? Decisamente no. Tantomeno la gentilezza di Amsterdam, per la verità una delle migliori canzoni dei Coldplay considerando il loro intero repertorio.

Ecco cos’ha di tanto speciale questo album: non c’entra nulla con il presente in cui fu concepito e pubblicato (2002), che non era certo zeppo di album stracolmi di qualità.

A Rush Of Blood To The Head, invece, irradia un fascino classico ed immanente – e non è un’illusione.