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Foo Fighters – One By One

La storia dei Foo Fighters di inizio millennio è la storia di una crisi di nervi, e anche a non saperlo lo si potrebbe facilmente intuire dal tono teso ed intransigente di One By One.

Però è anche la storia di come seppero rimettersi in carreggiata di come impararono a gestire l’enorme successo mondiale conosciuto grazie al precedente There Is Nothing Left To Lose.

Ripercorrere gli eventi che ad un certo punto fecero sembrare molto probabile che questo quarto album non avrebbe mai visto la luce – che i Foo Fighters, insomma, l’avrebbero piantata lì e tanti saluti – equivale a scorrer un perfetto elenco di cliché del rock’n’roll.

Si parte dalle prime session casalinghe ad inizio 2001, andate completamente a vuoto; poi la decisione di suonare in qualche festival in estate e l’overdose di eroina di Taylor Hawkins nel bel mezzo di quel tour, e Dave Grohl che allora chiama time out e va a registrare Songs For The Deaf.

Altre registrazioni inutili in Virginia a fine anno, il cambio di produttore ed il trasferimento di tutta la truppa a Los Angeles. Dopo quattro mesi così, la constatazione di trovarsi per le mani ventinove brani assolutamente «noiosi», di averci speso qualcosa come un milione di dollari e di non sopportarsi più l’un l’altro. Ognuno se ne andò quindi per i fatti suoi – Grohl in tour con i Queens Of The Stone Age – con un’unica cosa all’orizzonte: onorare l’impegno di suonare al Coachella e poi si vedrà.

Lì – ormai era aprile inoltrato del 2002 – a quanto pare successe un po’ di tutto. Ma da quegli scazzi epici, e dalla performance sul palco, i Foo Fighters uscirono con la consapevolezza di divertirsi ancora un mondo a suonare insieme. Il resto, come si dice, è storia: si concentrarono sul nuovo album e lo misero insieme in qualche settimana con tutt’altro spirito.

One By One quindi avrebbe potuto essere una specie di disastro invece, a conti fatti, è il migliore album dei Foo Fighters.

Lo è perché la scrittura dei brani, pur senza un exploit tipo Learn To Fly (ci si avvicinano All My Life e Times Like These), è sempre di livello alto/molto alto.

Lo è perché i Foos erano appena diventati una band da stadio ma qui proprio non sembra: One By One graffia e sputa, picchia durissimo anche quando accarezza, suona dritto, compatto e sudato anche nelle aperture più melodiche (e sono molte).

Lo è perché non concede nulla alla megalomania, al demenziale; è catartico e sempre interessante.

Lo è perché è il grunge che supera se stesso, che vomita sulle masse una valanga di adrenalina senza arretrare di un millimetro ma anche senza tormenti, se non quelli di quattro tizi che hanno percorso una strada lunga e tortuosa scoprendo, alla fine, il senso più profondo della loro unione.