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Gino Castaldo – Beatles e Rolling Stones, Apollinei e dionisiaci

È facile infatti che la pensassero allo stesso modo, che fossero ben consapevoli di essere un prodotto dell’arte di massa, in alcun modo politico in senso stretto, piuttosto un progetto nel quale le nuove generazioni trovavano identità, motivazioni, slanci e modelli; sapevano di essere una forma alta e potente di educazione sentimentale, che di certo aveva ricadute anche sulla sfera politica.

Con Beatles e Rolling Stones, Apollinei e Dionisiaci, Gino Castaldo si addentra in un argomento tutt’altro che inedito. Anzi, se quello del confronto tra i due gruppi più importanti della storia non è ormai un topos letterario poco ci manca.

Due esempi: Beatles Contro Rolling Stones, firmato dal giornalista tedesco di Georg Diez nel ’99, e Beatles Vs. Stones di John McMillian del 2013, solo per attenersi ai primi che vengono in mente. Praticamente impossibile poi quantificare e rintracciare tutti coloro che sono entrati in tema in ambito squisitamente giornalistico (senza tracimare nella letteratura / saggistica, insomma) – però, per dare il polso di quanto l’argomento scelto da Castaldo per la sua ultima uscita sia comune, praticamente in contemporanea con la pubblicazione di Beatles e Rolling Stones, Apollinei e Dionisiaci, sulle pagine del numero di Linus di febbraio 2022 Riccardo Bertoncelli apriva lo speciale sui sessant’anni dei Rolling Stones con un articolo del medesimo tenore.

Tutto questo non per tacciare Castaldo di poca originalità, anzi per lodarne il coraggio – perché si sa che è meno rischioso dire la propria su qualcosa di inedito piuttosto che su qualcosa di trito e ritrito.

C’è altro da lodare oltre il coraggio: la narrazione concisa, ironica e dritta al punto. Il tentativo (riuscito) di evidenziare i tratti comuni di due storie per molti versi parallele e – contrariamente alle più facili e basse stilizzazioni – tutt’altro che opposte o nemiche tra loro.

Che Beatles e Stones fossero (quasi) amici è cosa ormai ampiamente risaputa e confermata dai diretti interessati: in questo libro si portano le prove, se ne rintracciano gli elementi, e l’autore serve tutto sul piatto del lettore con una bellissima, navigata sensibilità.

Facendolo, smentisce soprattutto l’altro stilema classico, quello che vorrebbe Jagger, Richards & co. come cattivi ragazzi e i Fab Four chierichetti (o quasi). Nah, ognuno ha avuto i suoi momenti pessimi, ognuno ha avuto momenti ottimi, tutti hanno saputo modellare magnificamente la propria immagine e tratto vigore dall’adorazione delle masse.

Altro pro di questo saggio: l’approccio analitico ed essenziale nel confronto e – giustamente, in appendice – il racconto delle esperienze vissute da Castaldo stesso con entrambi i gruppi.

Una lettura che occupa poche ore, ma ben ricca.