Oh, finalmente i Maryposh ce l’hanno fatta a pubblicare il loro disco d’esordio. Anni ed anni di gestazione, concerti, annunci e (dis)attese e ora La Luna Insegue Il Sole esce per un’etichetta che si chiama Totally Unnecessary Records.
Diego Spezie scrive quasi tutto, e forse preferirebbe allontanarsi dai riflettori e lasciare a Veronica Marchi il compito di dare voce alle sue visioni; ma proprio non ce la si fa a mettere in secondo piano la sua chitarra, che domina tutto l’album in perenne equilibrio tra furia e dolcezza psichedelica.
Il violino di Laura Masotto dilata il tempo e lo spazio, la sezione ritmica (Bruce Turri e Daniele Campolongo) è pura dinamite: anni di palco alle spalle hanno fatto sì che i Maryposh trovassero il loro baricentro perfetto tra pulsioni soniche e fragilità nervosa.
In apertura ed in chiusura le due perle dell’album: Angelo Nero, con il suo poderoso andazzo post grunge scandito dai riff di basso e chitarra, e Domenica: diversissima dal resto, pacata, quasi cantautorale, con gli inserti elettronici e la voce vulnerabilmente in primo piano.
Il primo è uno dei brani storici dei Maryposh, l’altro uno di quelli nati più di recente. Nel mezzo un percorso temporale e musicale frastagliato di ossessioni (Guinzaglio), delicatezze improvvise (Giunco) e assalti sonori (Purezza). Tra i brani già noti e non rivisitati per questo debutto manca solo Controvento, rilasciato su ep nel 2009.
Alla fine dell’ascolto sembra che il suono di La Luna Insegue Il Sole possa non essere attuale, così imbevuto di anni ’90 (Kyuss, Soundgarden, Afghan Whigs, Tool..). Ma alla luce della scintillante produzione e della qualità messa sul piatto dai Maryposh il pensiero che la band si sia fatta invecchiare il disco tra le mani passa subito: probabilmente suonerebbe così anche fosse stato scritto ieri.
Ed è un pregio.
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