Dischi

Travis – Where You Stand

3travis.. why did we wait so long? : se lo chiedono anche i Travis stessi, nell’iniziale Mother, per quale diavolo di motivo ci abbiano impiegato così tanto a tornare a fare quello che sanno fare meglio.

Ascoltare Where You Stand è come vedere quella famosa scena in cui il piccolo Forrest Gump, prima malfermo sulle gambe e poi sempre meglio, sempre più veloce, inizia a correre con una sicurezza tale che non smetterà per un bel pezzo.

Ecco cosa ci troviamo davanti: una band che (forse) non ci credeva più e che invece ricomincia a macinare melodie su melodie, ad incantare come aveva saputo fare con la doppietta The Man Who (1999) – The Invisible Band (2001).

E appunto, con un piglio e una sicurezza che (diciamolo) unita ad un hype un po’ più grande potrebbe garantire a Fran Healy e compari di incunearsi in quel vuoto lasciato dai Coldplay fuffa degli ultimi anni.

Detto questo, è anche vero che Where You Stand è sì un ritorno in forma e nulla di più; è quello che aspettavamo in un disco dei Travis da più di dieci anni: siamo pur sempre davanti ad una band che di grosse evoluzioni non ne ha mai avute (a nessuno di loro è mai venuto in mente di lavorare con Brian Eno, ad esempio..) – piuttosto passi di lato, un po’ falsi, un po’ alla cieca, nel tentativo di fare qualcosa (rivelatosi) non congeniale.

E allora sì,sentire frasi come I will be right by where you stand è un abbraccio caldo, coccoloso e rassicurante: ci voleva proprio.

C’è anche un lato che mi pare si possa apprezzare di questo disco, che potrebbe passare sotto silenzio: a differenza di quei due album che hanno portato i Travis sulla cresta dell’onda, qui la produzione è molto asciutta e l’architettura delle canzoni priva di trucchi. Chitarra – basso – batteria – piano: nulla più e nulla di meno di quello che serve per creare popsongs e melodie che si stendono lungo l’orizzonte scozzese.

Spiccano, oltre l’azzeccatissimo singolo Moving, il ritmo incalzante e l’apertura dreamy di Another Guy (che ha un testo così semplice ed ingenuo che sembra un outtake dei Beatles degli esordi), mid tempo come A Different Room e Reminder, mentre l’apertura e la chiusura (Mother e The Big Screen) mandano avanti e indietro il nastro del tempo, come se i Travis non si fossero mai presi una lunga pausa dal puntare dritti al cuore delle cose e delle persone.

Bentornati davvero.

1 comment on “Travis – Where You Stand

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