Mentre l’indie tracimava nel mainstream, non senza il suo contributo, Dente andava controcorrente (o rimaneva fedele a se stesso: questione di punti di vista) pubblicando il suo lavoro generalmente meno apprezzato (Canzoni A Metà, 2016).
Oggi si allinea: nella produzione e negli arrangiamenti, Dente è un album di pop music contemporanea e radiofonica. È volutamente così, ed è volutamente privo della chitarra acustica con cui Giuseppe Peveri era entrato nell’immaginario comune.
Per fortuna, però, Dente non si allinea anche alla banalità. Mette da parte i giochi di parole, ma rifugge ogni spettro generalista: scrive di sé e lo fa in modo non banale (senza paure di tinte più fosche: Trasparente, Non Cambio Mai, Paura Di Niente), canta a volte con i piglio di Lucio Dalla (Adieu), scrive almeno un brano memorabile (Cose Dell’Altro Mondo) e – in generale – dispensa qualità altissima.
I 38′ di Dente sono un nuovo inizio: se anche non fosse lui stesso a dirlo e giurarlo, sarebbe comunque evidente. La cosa più importante, comunque, è che è molto riuscito. O, come si direbbe in certi ambienti, che funziona. Anche se con un lieve retrogusto di sconfitta.
Mentre l’indie tracimava nel mainstream, non senza il suo contributo, Dente andava controcorrente (o rimaneva fedele a se stesso: questione di punti di vista) pubblicando il suo lavoro generalmente meno apprezzato (Canzoni A Metà, 2016).
Oggi si allinea: nella produzione e negli arrangiamenti, Dente è un album di pop music contemporanea e radiofonica. È volutamente così, ed è volutamente privo della chitarra acustica con cui Giuseppe Peveri era entrato nell’immaginario comune.
Per fortuna, però, Dente non si allinea anche alla banalità. Mette da parte i giochi di parole, ma rifugge ogni spettro generalista: scrive di sé e lo fa in modo non banale (senza paure di tinte più fosche: Trasparente, Non Cambio Mai, Paura Di Niente), canta a volte con i piglio di Lucio Dalla (Adieu), scrive almeno un brano memorabile (Cose Dell’Altro Mondo) e – in generale – dispensa qualità altissima.
I 38′ di Dente sono un nuovo inizio: se anche non fosse lui stesso a dirlo e giurarlo, sarebbe comunque evidente. La cosa più importante, comunque, è che è molto riuscito. O, come si direbbe in certi ambienti, che funziona. Anche se con un lieve retrogusto di sconfitta.