Dischi

Green Day – Dookie

Dookie è tutt’ora ciò su cui si fonda il mito dei Green Day ed è anche prototipo del punk rock moderno.

Cioè: una major che cerca e trova un’opportunità, una band rimasta fino a quel momento in secondo piano (ma anche terzo, quarto), un ricco budget, un produttore che di lì a poi sarebbe stato come un Re Mida (in questo caso: Rob Cavallo).

E ancora: canzoni ruvide e ultra melodiche, video musicali catchy che conquistano MTV, le giuste dosi di irriverenza e serietà, il confine incerto tra il serio ed il faceto.

Infine il successo di pubblico, magari condito da svariati premi del music business (nel caso specifico: un Grammy Award per best alternative album), e dalle immancabili accuse di essersi svenduti (non granché fondate nel caso dei Green Day, quantomeno considerando che gente come Sonic Youth e Nirvana al tempo aveva già fatto il salto).

Insomma tra le pieghe di Dookie si annida tutto il punk rock arrivato alle masse dal 1994 in avanti – sia quando ha avuto qualcosa da dire, sia come mero strumento di business (sfortunatamente, questi ultimi casi sono molti di più dei primi).

Ciò che di questo album è irripetuto, ed anche irripetibile, è l’orizzonte emotivo nel quale è nato e che finisce per rappresentare.

Dookie dà voce alla noia, all’apatia, al continuare a cercare un qualcosa per cui valga davvero la pena spegnere la tv, smettere di farsi le seghe e alzarsi dal divano – sottilmente convinti che non ci sia nulla del genere (*).

È il vuoto cosmico di un’esistenza suburbana e disconnessa, una roba oggi difficilissima da immaginare.

Da allora, le nostre esistenze si sono colmate di cose concepite esattamente per risucchiare le nostre attenzioni, tanto che il problema si colloca dalla parte opposta dello spettro: fear of missing out, ansia sociale, mera incapacità di concentrarsi su se stessi, di chiudere fuori il mondo e finalmente respirare.

In qualche modo si torna punto e a capo: i Green Day (come moltissimi prima di loro) imbracciarono gli strumenti anche per provare ad immaginare una via d’uscita; trent’anni più tardi, moltissimi imbracciano gli strumenti credendo di seguire il loro esempio, ma in fondo solo per provare a gettarsi nel flusso fagocitante delle visualizzazioni.

(*) Curiosamente, nello stesso momento, qualcuno dall’altra parte dell’Oceano stava dicendo una cosa identica, solo declinata in un diverso contesto: «Is it worth the aggravation, to find yourself a job when there’s nothing worth working for? / It’s a crazy situation, but all I need are cigarettes and alcohol..»