Dischi

Hiroshi Yoshimura – Music For Nine Post Cards

Hiroshi Yoshimura concepì la versione definitiva del suo Music For Nine Post Cards visitando l’Hara Museum Of Contemporary Art di Tokyo, al tempo appena inaugurato.

È un edificio particolare, costruito nel 1938 dall’architetto Jin Watanabe in stile Bauhaus, destinato prima a residenza privata, poi ad ambasciata ed infine convertito in museo nel 1979. Una delle pochissime costruzioni di ispirazione occidentale del periodo,  tutt’ora le sue linee pure ed il suo candore compatto sono qualcosa di abbagliante ed inevitabile; il suo giardino è una specie di tesoro racchiuso tra una stretta stradina e le due orrende torri marroni che si ergono dall’isolato lì dietro.

Le nove cartoline immaginate da Hiroshi Yoshimura rappresentano e traggono ispirazione da altrettante vedute dalle finestre di quell’edificio e il museo adottò Music For Nine Postcards come propria musica d’ambiente. D’altra parte, questo era il lavoro di Yoshimura: folgorato da Brian Eno, teorizzava la kankyō ongaku (“musica ambientale”) e la metteva in pratica sonorizzando spazi, pubblici o privati che fossero. Non aveva alcuna intenzione di iniziare una carriera discografica e non lo avrebbe fatto se non fosse stato per le richieste dei visitatori che avevano iniziato a tempestare i responsabili della galleria d’arte: possiamo comprare questi suoni? 

Music For Nine Postcards fu pubblicato nel 1982 ed è rimasto introvabile fuori dal Giappone fino a che nel 2017 due artisti di Portland non misero su una microscopica etichetta, la Empire Of Signs, praticamente apposta per ripubblicarlo (tanto che ad oggi rimane l’unica uscita di quella label, ma trovate questo disco nel variegato catalogo della Light In The Attic).

Si tratta di tre quarti d’ora di contemplazione minimalista, dolce, scarna, creata in casa con il pianoforte elettrico e pochissimo altro. Ogni brano è un tema, con piccole variazioni, dettagli che cambiano ed arricchiscono la visione per poi sparire.

Concettualmente, Yoshimura intendeva creare un dialogo tra il suono e lo spazio esteriore, fisico. Il fatto che chiudendo gli occhi Music For Nine Post Cards finisca tutt’oggi per occuparsi più che altro dello spazio interiore – liberandolo, aprendolo, accarezzandolo e cullandolo fino all’oblio – è un meraviglioso incidente.