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The Rolling Stones – Between The Buttons

between_the_buttons«No. Però dentro c’è Ruby Tuesday, vero? Quella è una bella canzone. Bella melodia, testo carino. Le altre no.»: questo Mick Jagger diceva a Rolling Stone in una lunga intervista del 1995, rispondendo impietoso alla domanda: «Between The Buttons è stato un disco importante per voi?».

Però bisogna chiarire che Ruby Tuesday e Let’s Spend The Night Together – facilmente i migliori brani dei Rolling Stones di quel periodo – sull’edizione inglese di Between The Buttons (la prima pubblicata, il 20 gennaio 1967) non ci sono; uscite come singoli e suonate entrambe nella famosa esibizione del 15 gennaio all’Ed Sullivan Show (quella in cui Mick fu costretto a cantare «let’s spend some time together»), stanno invece sull’edizione americana dell’album, che sarebbe arrivata nei negozi una ventina di giorni più tardi (infatti molto migliore).

Come dice JaggerBetween The Buttons forse non è un album importante in sé però è il risultato del momento particolarissimo che gli Stones stavano vivendo. Brian Jones si dimostra il perfetto viatico per i suoni più hip verso i quali il produttore  li stava spingendo: come e più che in Aftermath, è lui a sfoderare un intero arsenale di stramberie, dalla marimba al clavicembalo, dal vibrafono al flauto dolce, fino a kazoo e dulcimer, senza contare tamburi, tamburelli e percussioni; arrangiamenti complessi e suoni stratificati che spesso si scontrano con il fatto che il songwriting di Mick e Keith fosse ancora in pieno divenire.

Nascono così brani come Back Street Girl – un valzer acustico con tanto di fisarmonica – il music hall di Cool, Calm And Collected e Something Happened To Me Yesterday – qualcosa di più appropriato ai Kinks (così come Connection, il debutto di Keef alla voce) – lo strano duello tra le chitarre ruvide ed il flauto dolce in All Sold Out, ma anche Who’s Been Sleeping Here?, una sorta imitazione dello stile elettroacustico ultimamente adottato da Bob Dylan.

Ma Jones è anche del tutto inaffidabile: ogni tanto si presenta in studio, altre volte no, e quando si presenta bisogna comunque supplire alla sua ormai limitata soglia di attenzione; insomma, Between The Buttons è anche un altro profondo solco nei rapporti tra gli Stones e colui che – di fatto – ne fu il fondatore.

Ormai comandava la coppia Jagger / Richards e in più ci voleva il fisico: l’universo della band era assai bizzarro, tra comparsate di Brian Wilson (in California, durante le registrazioni di My Obsession: era così fuori che pensava di aver assistito alla creazione di un capolavoro), di Dylan stesso (leggenda vuole che gli Stones fossero presenti ai suoi concerti londinesi del periodo), consumi di acidi e sostanze psicotrope varie (proprio in Connection Mick arriva a profetizzare la famosa perquisizione di Redlands), molta mondanità e ancora più donne (se Yesterday’s Papers è lo sprezzante addio a Chrissie Shrimpton, Complicated pare svelare più di qualcosa sulla personalità della sua nuova fiamma Marianne Faithful).

Insomma: non siamo ancora al discutibile abbraccio psichedelico e modaiolo di Their Satanic Majesties Request (dato alle stampe sul finire dello stesso anno), ma nonostante l’inclusione  di quella che pare una cover di Bo Diddley (Please Go Home: non lo è) Between The Buttons ne è il naturale predecessore e – va detto – la sua versione UK (diciamo “originale”) si fa ricordare più per la strepitosa copertina, opera di Gered Mankowitz, e per l’equivoco alla base del suo titolo (Oldham aveva chiesto a Charlie Watts di creare qualche bozzetto per la copertina, quello gli chiese quale sarebbe stato il nome dell’album, lui rispose «it’s in between the buttons», cioè «non è ancora pronto») che per il reale apporto al canzoniere degli Stones. La versione americana, che lascia fuori Back Street Girl e Please Go Home in favore di Ruby Tuesday e Let’s Spend The Night Together spinge comunque in molte direzioni diverse – nessuna decisiva –  ma è certamente più entusiasmante.

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