Dischi

Shinichi Atobe – Heat

È la tipica volta in cui chiedi al dj cosa stia mettendo su, quello ti risponde con qualcosa che nemmeno sai come iniziare a scrivere allora gli passi direttamente il telefono e settimane dopo ti ricapita per le mani quella nota con su un nome che boh.

Google, ed in due minuti ti rendi conto che scoprire oggi Shinichi Atobe è come ficcarsi in un mistero degno di Sherlock Holmes: uno che nel 2001 aveva buttato lì un ep miracoloso, Ship-Scope, poi è sparito per oltre un decennio.

Uno che allora è stato cercato, scovato, ed al quale è stato estorto altro materiale perché non poteva finire così. Il credito per questa caccia al tesoro (che ha portato a Butterfly Effect, 2014) va dato a Miles Whittaker e Sean Canty, alias Demdike Stare ed alla loro DDS.

Da lì qualcosa è cambiato – nel 2016 World e nel 2017 From The Heart, It’s A Start, A Work Of Art (titolo delizioso) – ma non l’attitudine di Shinichi Atobe, che si guarda bene dall’essere rintracciabile.

A completare il quadro: Heat sarebbe arrivato alla DDS per posta, direttamente dal Giappone, in un CD accompagnato da un biglietto e tanto basta, compresa tracklist imperscrutabile (So Good, So Right apre e chiude l’album, nel mezzo Heat 2, Heat 4, Heat 1, Bonus e Heat 3 – in questo ordine).

Pure l’immagine scelta per la copertina pare in qualche modo fuorviante: questa non è certo roba solare e spensierata come potrebbero lasciare intendere il cielo azzurro, il mare e la spiaggia. Piuttosto, la musica che Shinichi Atobe butta dentro Heat è quel rottame lì al centro, mezzo scassato dalla salsedine e picchiato dal sole, isolato e fuori posto in un panorama altrimenti quasi idilliaco.

Minimal/dub/deep house, chiamatela come volete fatto sta che Heat è un’ora di ipnosi, qualcosa da consumare al buio, da non voler condividere, ripetitivo, autistico, meravigliosamente disseminato di dettagli e sparizioni. Nulla che vada bene per concludere davvero qualcosa sul dancefloor, ma – d’altra parte – il ritmo è così ovunque che è impossibile rilassarsi.

In questo modo Heat crea un irripetibile corto circuito tra firbillazione, spossatezza, spiritualità e desideri terreni; è un continuo accumularsi di tensione dal quale si esce a meravigliosamente a pezzi. O dal quale non si esce più.