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The Rolling Stones – The Rolling Stones Rock And Roll Circus

The Rolling Stones Rock And Roll Circus fu infine ripescato dagli archivi nel 1996, quasi trent’anni dopo la sua originale messa in scena.

Correva il dicembre del 1968 e, negli studi televisivi di Wycombe Road, nel nord della loro Londra, i Rolling Stones avevano riunito un cast assai variopinto.

L’intento originario era quello di combinare qualcosa di creativo per promuovere Beggars Banquet, appena arrivato nei negozi.

Poi però il regista Michael Lindsay-Hogg aveva proposto di allestire uno spettacolo che unisse due mondi apparentemente distanti, quello del rock’n’roll e quello del circo.

Ecco quindi sotto lo stesso tendone sia nani, ballerine, giocolieri, pagliacci e animali assortiti, sia gli Who, i Jethro Tull, John Lennon e Yoko Ono, Eric Clapton, Taj Mahal, Marianne Faithfull, e ovviamente gli stessi Rolling Stones, chi più chi meno agghindato in abiti a tema, tutti ad esibirsi davanti ad un pubblico attonito e divertito.

Lo show si svolse la prima volta l’11 dicembre, e si replicò il giorno dopo.

Lindsay-Hogg filmò tutto, idealmente per la BBC, oppure (si pensò in seguito, una volta tramontata quell’opportunità) per una serie di proiezioni ad hoc nei cinema, ma tra una cosa e l’altra non se ne fece niente: di The Rolling Stones Rock And Roll Circus si videro spezzoni e fotografie, ma di fatto rimase leggenda per decenni.

Volendosi concentrare sulla performance sonora, si tratta del racconto di un piccolo e bislacco festival condotto dagli Stones stessi.

In quest’ottica, l’esibizione dei primi in scaletta, i Jethro Tull, vale quel che vale dato che decisero per avere tutto in playback tranne la voce ed il flauto di Ian Anderson. Ed è un peccato se non altro perché in formazione è presente anche Tony Iommi, brevemente finito con loro nel suo peregrinare pre-Black Sabbath.

Con gli Who, presentati da Keith Richards, s’inizia ad entrare nel vivo della faccenda. A Quick One, While He’s Away è vorticosa, Entwhistle e Moon ci mettono l’anima, Townshend fa cambiare tono alla sua Gibson SG con più naturalezza di quanta serva ai giocolieri per fare i loro numeri, Daltrey si alterna con gli altri alla voce e sembra sinceramente divertito da tutta la faccenda.

Insomma gli Who fanno quello che devono (e sanno) fare, così come Taj Mahal – che trascina tutto e tutti con Ain’t That A Lot Of Love (di lì a pochi giorni sarebbe finita su The Natch’l Blues) – e Marianne Faithfull, che semplicemente incanta, ed è strano pensare che siano loro, questi rock’n’rollers, a portare una sorta di normalità in tutta questa bizzarria.

Il piatto forte di questo circo, la cosa veramente eccezionale, sono ovviamente i Dirty Mac – un gruppo estemporaneo formato da Lennon e Clapton alle chitarre, Richards eccezionalmente al basso e Mitch Mitchell (come ovvio) alla batteria.

I Dirty Mac rileggono anzitutto Yer Blues, probabilmente un brano sul quale trovarsi tutto quanto facilmente; il loro secondo sforzo è una blues jam accompagnata dal violino di Ivry Gitlis – che va benissimo finché Yoko Ono non inizia a strillare come un’ossesso, sguaiatamente, a caso, come suo solito.

È puro fastidio, il punto più basso di The Rolling Stones Rock And Roll Circus – che però si riprende in un baleno con lo show conclusivo degli Stones.

All’inizio, in Jumpin’ Jack Flash, sembrano privi di particolari spunti. Poi però mettono in fila una Parachute Woman che gira meglio della versione finita su Beggars Banquet, No Expectations è altrettanto deliziosa, con Mick Jagger che pare proprio volersi prendere la scena e poi Richards che fa lo stesso su You Can’t Always Get What You Want.

Salt Of The Earth è il gran finale (nella versione video: corale, come nella migliore tradizione di queste cose), ma prima c’è una straripante e frenetica Sympathy For The Devil – tra l’altro, questo album immortala l’ultima apparizione di Brian Jones con i Rolling Stones.

Magari The Rolling Stones Rock And Roll Circus non è essenziale per la musica che contiene; però lo è come testimonianza di un’occasione rara e folle, di arti libere e creative che s’incontrano in un preciso momento, ed anche per questo è importantissimo sia alla fine uscito dagli archivi.