Dischi

Gene – Olympian

Pare quasi di vederlo, Martin Rossiter, teenager nella sua cameretta tappezzata di poster di Morrissey e degli Smiths. E ovviamente con un sacco di dizionari e libri (di storia, di letteratura) per capire di che diavolo stesse cantando Moz.

Poi ad un certo punto, nel 1993, tutti recuperarono le chitarre dalla cantina, si disfarono dei pantaloni baggy e iniziarono a suonare guitar pop epurato da ogni nichilismo nirvaniano. E allora via, finalmente anche Martin aveva l’occasione di dare sfogo alla sua irrefrenabile voglia di fare musica.

Tra tutti i nomi del britpop, i Gene sono sempre stati accostati agli Smiths, ma il paragone non è del tutto esatto.

I suoni tessuti da Steve Mason, Kevin Miles e Matt James c’entrano poco con l’incredibile chirarra di Johnny Marr e le ritmiche di Andy Rourke e Mike Joyce. Non (solo) a livello di bravura.

L’unico tratto in comune, forse, è che su Olympian di assoli non ce ne sono. La grossa differenza è che però lo stile di Marr faceva dimenticare totalmente che gli Smiths avessero questa peculiarità.

Ma a parte questo, sarebbe più esatto dire che il successo dei Gene è dovuto al fatto che Martin Rossiter tentasse di scrivere come Morrissey, di cantare come lui, di scrivere in quella maniera ostentatamente decadente e disperatamente vittoriana che aveva (e ha ancora oggi) Morrissey.

A pensarci meglio, sarebbe ancor più calzante dire che il (discreto) successo dei Gene rimane quasi un mistero. Perché Rossiter di Morrissey non aveva lavoce, non aveva il carisma, e anche se aveva letto – forse – gli stessi libri, ne citava i passi sbagliati. Insomma, per chi viene dal sincero amore per gli Smiths, ascoltare Olympian è quasi una sofferenza: i Gene ne escono come una brutta copia (nel senso: è ok prendere spunto, ma bisogna anche assicurarsi di saperlo fare bene).

Dunque la tentazione di lasciar stare e mettere su The Queen Is Dead (o un altro disco a caso degli Smiths) al posto di questo album è forte. Ma non mancano gli episodi degni di nota, come l’iniziale Haunted By You, o Sleep Well Tonight e la title-track (che fu uno dei loro maggiori successi, raggiungendo il 18° posto nella classifica inglese nel 1995): quei momenti in cui i Gene riescono a non prendersi troppo sul serio.

Scaricati dalla Polydor nel 1998, apparvero l’anno dopo sul disco tributo ai Jam, Fire & Skill, reinterpretando senza troppa convinzione Town Called Malice. Soprattutto, furono tra i precursori della musica sul web: nel 2000 due concerti al Troubadur di Los Angeles furono trasmessi in streaming e poco dopo ne fu ricavato un live niente male, Rising For Sunset.

Dopo questo spunto si aggirarono negli anni zero come estranei fino ad arrendersi nel dicembre 2004. Ci rimane tra le mani soprattutto questo Olympian, il loro ipermanieristico contributo alla cool britannia.

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