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Miles Kane – Don’t Forget Who You Are

miles kane don't forget who you areJohn Lennon, Paul Weller, Richard Ashcroft, Pete Townshend, Andy Partridge, Ray Davies, Damon Albarn, (perché no) Alex Turner… quale di questi grandi songwriters inglesi sta inseguendo Miles KaneTutti.

Il che porta ad un’altra domanda: come si fa a dimenticarsi chi si è, se in realtà non lo si è mai saputo?

Il secondo lavoro solista di Miles Kane è un grosso ossimoro: vorrebbe prendere a modello il migliore britrock degli ultimi 50 anni ma anche trovare una via personalissima nella sua reinterpretazone; vorrebbe affermarsi come autore, per uscire dall’ombra dell’amico Alex Turner, e allora chiama in aiuto Weller (per il singolo lanciato a gennaio, Give Up), Andy Partridge, e Ian Broudie alla produzione.

Vorrebbe essere diretto, e… no, invece diretto lo è eccome. Don’t Forget Who You Are, ancora più del precedente Colour Of The Trap è veloce e tagliente come una pallottola. Undici brani, poco più di mezz’ora, fissa sul repeat.

Ma il problema è che si può ascoltare questo disco dieci volte in fila, possono restare melodie, riff (molti davvero, furterelli compresi), ritornelli, ma comunque non avere idea di chi o cosa si stia sentendo.

Insomma, Miles ha alzato il volume, ha tirato fuori i muscoli e la morale che non lo si distingue più (se non per la voce nasale) da un sacco di altra roba pur piacevole. Il che è un peccato, perché il disco di debutto mostrava personalità e padronanza invidiabili.

E dovrebbe saperlo, che i vari Lennon, Weller, Ashcroft, Davies… hanno/avevano in giro concorrenti ben migliori di quelli che ha lui oggi. Eppure è il loro tratto, che rimane.

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