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Pure Bathing Culture – Moon Tides

pure bathing cultureCon Moon Tides siamo in pieno panorama dream pop, senza rimedio: quel campo in cui i Beach House spadroneggiano, una spanna sopra gli altri.

Ma forse la Memphis Industries ha scovato qualcuno alla loro altezza: Daniel Hindman (chitarre) e Sara Vesprille (tastiere, voce), che insieme rispondono all’astruso nome di Pure Bathing Culture (viene da una spa austriaca, pare) e per fare le cose come il dio degli hipster comanda, si sono trasferiti da NY a Portland in cerca di qualcosa.

Qualcosa che hanno trovato, scritto, registrato ed imbottigliato in questi 37′ soffici soffici.

Moon Tides trascina a fondo, in una malinconia incantata e calda: le chitarre melliflue, ovviamente altrove, e queste piccole note acute e ripetute che puntellano una paradisiaca rivisitazione degli anni ’80 più languidi e meno sintetici.

E anche lì in quei passaggi in cui i Cocteau Twins (non un nome a caso) avrebbero piazzato un’impennata di vocale Elizabeth Frazer e un’accelerazione su certe chitarre di Robin Guthrie, i Pure Bathing Culture invece si dondolano come un carillon infinitamente dolce, senza nessuna decompressione.

È il caso di Dream The Dare e Pendulum, piazzate lì in apertura, della cover dei Fletwood Mac che li aveva portati sulle scene (Dreams, non proprio una canzone minore), o di Ivory Coast, che alla fine non è stata inclusa in questo Moon Tides, e di molti altri episodi.

È una psichedelia soffice e che si fonda (oltre che sulla voce di Sara Vesprille, assolutamente all’altezza di ingombranti paragoni), sulla ripetizione soffusa. E sì, che potrebbe essere scambiata per mera monotonia.

Ma solo nella misura in cui il mare sembra tutto uguale, in superficie.

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