Appunti Artwork

artwork: Goo (1990)

«Sembra un cazzo di bootleg! Cos’è, nastro adesivo!?»

Questa più o meno la reazione della Geffen quando i Sonic Youth presentarono alla loro nuova etichetta l’artwork scelto per Goo.

Però – nonostante avessero firmato per la Geffen, scoprendo solo dopo che i loro dischi sarebbero usciti per la nuova sussidiaria DGC – i patti erano chiari: totale controllo artistico.

«Dovevamo farlo!racconta Thurston Moore – Raymond è uno dei nostri artisti preferiti. Dovevamo farlo, soprattutto ora che stavamo con una major!». E così questo bianco e nero firmato Raymond Pettibon fu un po’ una scelta, un po’ una provocazione, in ogni caso azzeccatissima: ad oggi la copertina di Goo può vantare innumerevoli parodie e mashup (qui ci sono le 12 migliori, qui un intero tumblr dedicato).

L’infatuazione dei Sonic Youth per Pettibon non era cosa nuova e risaliva ancor prima di quella volta che Kim Gordon lo incontrò ad un concerto “casalingo” dei Black Flag in un qualche villino giù ad Hermosa Beach (Pettibon, nonostante il nome d’arte, è pur sempre il fratello del chitarrista dei Black Flag, Greg Ginn); la band intitolò le prime demo di quello che sarebbe diventato Goo «BLOWJOB», prendendo ispirazione da una t-shirt che raffigurava Joan Crawford in Milred Pierce, modificata da Raymond con un’aggiunta a pennarello: «POMPINO?».

Dietro all’immagine di copertina di Goo c’è però una storia macabra e già all’epoca (1990) vecchia di una trentina d’anni: una serie di omicidi passati alla storia della criminologia inglese come Moors Murders.

Tra il ’63 ed il ’65 Ian Brady e Mira Hindley uccisero (in alcuni casi solo dopo averne abusato sessualmente) cinque  ragazzi tra i 10 e i 17 anni, seppellendo i loro corpi nella campagna intorno a Manchester (moor = brughiera). Presi, confessarono alcuni dei delitti: soltanto a seguito di ulteriori dichiarazioni rese da Brady negli anni ’80 gli investigatori aggiornarono il conteggio delle vittime, anche se uno dei corpi non fu mai ritrovato.

Condannati all’ergastolo, Mira Hindley («la donna più malvagia d’Inghilterra», la definirono i giornali allora) morì in carcere nel 2002 all’età di 60 anni; Ian Brady fu dichiarato incapace di intendere e volere ed è ancora rinchiuso in manicomio; almeno, lui ha dichiarato più volte di non voler tornare a piede libero.

maureen-hindley-david-smith-picPettibon si ispirò ad una famosa foto di Maureen Hindley (sorella dell’omicida) e del marito David Smiths scattata dai paparazzi mentre la coppia andava a testimoniare al processo, alla quale aggiunse quel fumetto che fece ulteriormente storcere il naso alla casa discografica: «I stole my sister’s boyfriend. It was all whirlwind, heat and flash. Within a week we killed my parents and hit the road».

Insomma, la Geffen temeva problemi nella distribuzione e censure, mossa da quel timore tutto americano di risultare diseducativi, temendo emulazioni dei delitti e roba simile.

Sul retro i Sonic Youth – irremovibili – rincararono la dose: non solo una dolce mogliettina che pulisce il volto del marito con un fazzoletto («niente… rossetto e solo un po’ di sangue»: e qui viene il sospetto che Pettibon abbia voluto proprio raffigurare loro, la coppia di assassini), ma soprattutto un piccolo logo: Smash the PMRC.

La Parents Music Resource Centre è un’associazione USA – allora una vera e propria lobby – nata con il preciso scopo di mettere in guardia il pubblico dai contenuti (ritenuti) devianti, violenti ed esplicitamente sessuali di certa arte, musica in primis. Insomma, la gente che in quegli stessi anni riuscì ad imporre il bollino «PARENTAL ADVISORY»: una potente congregazione di bigotti moralisti, rompicoglioni e fascistoidi.

O, per dirla con le parole di Moore di allora: «gente che non si occupa né di musica né di altra arte, e che vuole imporre un certo tipo di sensibilità in tutto il Paese, praticamente fascismo. Vanno combattuti, non c’è granché da spiegare in merito al concetto stesso di artista, a questa gente che nemmeno concepisce quello stile di vita. Gente come Frank Zappa, che si batte contro di loro e contro tutti quelli come loro, non è abbastanza. Ed è perché lui comunque è visto come un freak, al massimo potranno dire che è un freak un po’ più intellettuale. No, servirebbe che qualcuno come Bruce Springsteen prendesse posizione, qualcuno che rappresenti in qualche modo una sensibilità più condivisa. Ma per ora non si è fatto avanti.»

I Sonic Youth la spuntarono, e Goo fu pubblicato esattamente nel packaging che avevano desiderato. Ovviamente non successe nulla di quanto la PMRC potesse paventare o la Geffen temere; la copertina, da allora, è diventata una vera e propria icona anni ’90.

La band – che già anni addietro aveva preso un frame del film Submit To Me di Richard Kern e ne aveva fatto la copertina di Evol (1986), e che in tempi più recenti aveva ottenuto da Gerhard Richter la famosa candela dipinta su Daydream Nation (1988) – continuò a mischiarsi con il mondo della visual art, rendendo ancora più interessanti molte delle proprie pubblicazioni: le foto degli animaletti peluche di Mike Kelley accompagnano Dirty (1992), «Hamster Girl» di Marnie Weber fu prestata per la copertina di A Thousand Leaves (1998) e un dipinto della serie «Nurse» di Richard Prince finì su Sonic Nurse (2004).

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