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Joe Strummer – Joe Strummer 001

Nel settembre del 1983 Joe Strummer cacciò Mick Jones dalla band e due anni dopo i Clash pubblicarono un ultimo album talmente orrendo che nemmeno vale la pena di considerarlo parte sostanziale della loro discografia.

I due non ci misero molto a ricucire lo strappo: nell’86 Strummer avrebbe volentieri rimesso insieme la banda, ma il rifiuto di Jones fu categorico, concentrato com’era sui Big Audio Dynamite. Joe collaborò alla scrittura e produsse il loro secondo disco, N° 10, Upping Street. Da lì cominciò uno strano viaggio che lo avrebbe infine condotto a formare i Mescaleros più di un decennio dopo.

Joe Strummer 001 raccoglie, finalmente, tutto ciò che Strummer è stato senza i Clash, che in fondo hanno rappresentato un periodo molto breve della sua esistenza se paragonato al resto.

Si parte dagli esordi con i 101ers ed il loro rockabilly anfetaminico, perfetto per i pub londinesi di fine ’70 in un istante in cui il punk doveva ancora essere concepito: Letsagetabitarockin e Keys To Your Heart provano che l’unica testimonianza effettivamente registrata da quella formazione – Elgin Avenue Breakdown, recentemente riedito – meriterebbe qualche attenzione in più.

Di lì si salta al decennio successivo, quando Strummer iniziò a dedicarsi alle colonne sonore di film sempre più oscuri, collezionando anche anche qualche apparizione sul grande schermo: Love Kills (da Sid And Nancy di Alex Cox, tra tutte le pellicole la più nota), Tennessee Rain (da Walker, ancora firmato da Alex Cox), Burning Lights (da Ho Affittato Un Killer) e Trash City! (da Il Peso dei Ricordi), quest’ultima registrata con una band messa su per l’occasione (Joe Strummer & The Latino Rockabilly War) e tenuta insieme per un album presto dimenticato (Earthquake Weather, qui rappresentato anche da Ride Your Doneky –  che è una specie di industrial/reggae da fine del mondo).

Lo sforzo migliore di questa seconda metà degli anni ’80 è certamente Afro-Cuban Be-Bop – ancora da Ho Affittato Un Killer – che tiene fede al suo titolo e nella sua essenzialità mischia percussioni tropicali, raga e Telecaster;  forse non a caso butta lì il fatto di cercare un partner ed il proprio posto da qualche parte «in giro per il mondo, o dietro l’angolo»: per quanto Strummer si fosse lasciato alle spalle i Clash, la lontananza da Mick Jones – artistica e forse umana – era una ferita aperta.

Poi il silenzio: dopo aver prodotto Hell’s Ditch dei Pogues ed aver addirittura sostituito Shane McGowan per qualche data, Joe scomparì. Si rifece vivo ad anni ’90 inoltrati con un divorzio alle spalle, una nuova compagna e cinque milioni di dollari in meno per non aver accettato di rimettere insieme i Clash per il Lollapalooza di Perry Farrell.

La voglia di riprendere contatti con il mondo e di combinare qualcosa c’era: la dance riaccese in lui una fiamma che sembrava spenta, rimise in naso fuori di casa, iniziò a frequentare i festival estivi – Glastonbury soprattutto – piantando letteralmente le tende nei backstage. Quei falò improvvisati, ribattezzati Strummerville e che proseguono tutt’ora in suo onore, furono il suo modo primordiale di riconnettersi con il mondo.

Joe Strummer 001 non documenta la sua stramba collaborazione con i Black Grape su England’s Irie (l’inno degli Europei del 1996!) ma  questo periodo di transizione è comunque rappresentato da una versione primordiale di Sandpaper Blues (che poi apparirà sul debutto dei Mescaleros: Rock, Art & The X-Ray Style), da Generations (estratta dalla compilation Generations 1: A Punk Look at Human Rights, datata 1997) e da It’s A Rockin’ World, registrata insieme a Flea e Tom Morello per la colonna sonora di South Park (!): oggettivamente tutto dimenticabile.

Ma appunto, Strummer aveva ormai innestato il circolo virtuoso che lo avrebbe portato a London Calling, una trasmissione di enorme successo sulla BBC World Service (sarebbe bello poter riascoltare le tre stagioni trasmesse), a mettere insieme i Mescaleros e ricominciare a girare il mondo con quello strano carrozzone folk/punk post apocalittico.

Le prime due uscite di quel nuovo progetto sono molto più affascinanti di quanto questa raccolta riesca a raccontare includendo solamente X-Ray Style, Yalla Yalla, Johnny Appleseed, Ministrel Boy. Però queste tracce mostrano che il sacro fuoco di Strummer era tornato in pieno vigore: la sua voglia di pensare, vivere, tendere le mani, mischiare suoni e persone non era mai stata così viva dai tempi di London Calling (quello dei Clash).

… sapete, il fatto triste è che la storia di Joe Strummer s’interrompe qui. Come un film dal quale hanno tolto il lieto fine e l’hanno sostituito con cattiveria. Come se Ulisse, dopo aver sfidato e vinto il mare e gli dei, morisse un attimo prima di rimettere piede ad Itaca.

Una malformazione cardiaca mai diagnosticata porta via Joe così, all’improvviso, un pomeriggio qualsiasi di dicembre, a casa sotto gli occhi della sua famiglia. Era il 2002, i suoi ultimi compagni di viaggio completeranno Streetcore e lo pubblicheranno l’anno successivo.

Fin qui, Joe Strummer 001 ha compilato e portato un ordine necessario ad una discografia più incasinata di un puzzle, includendo anche la versione di Redemption Song registrata da Joe con Johnny Cash e la sua splendida collaborazione con Jimmy Cliff, Over The Border, come a ribadire – se ce ne fosse bisogno – che il suo ritorno sulle scene non fu certo edonismo o bisogno di attenzione: la voce di Strummer era sempre stata quella che gli ultimi non potevano avere, e lo fu fino all’ultimo.

Poi questa raccolta diventa l’equivalente di ricevere una lettera da un morto: il secondo disco riporta alla luce moltissimo materiale che Joe aveva registrato, scarabocchiato e alla fine conservato in un fienile esposto alle intemperie in fondo al giardino di casa.

Ci è voluto un po’, ma da lì sono riemerse cose piuttosto incredibili: U.S. North è l’ultima registrazione insieme a Mick Jones, datata 1988 e destinata al film Candy Mountain; una demo di Czechoslovak Song / Where Is England, registrata dagli ultimi (derelitti) Clash e unica cosa che possa essere salvata da Cut The Crap (pubblicata come This Is England): una demo acustica di Letsagetabitarockin’ risalente ai tempi in cui viveva in un sudicio squat londinese, prima di tutto; le ultime cose destinate ai Mescaleros (Rose Of ErinThe Cool Impossibile, London Is Burning) e altra roba che non è chiaro a cosa potesse servire ma è in parti uguali amore e storytelling.

È in questo che Joe Strummer 001 davvero pecca, nel fatto che forse bisogna mettere l’emani sulla sua deluxe edition per avere qualche info in più: il doppio cd non porta con sé altro che un elettrizzante mistero.

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