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Johnny Marr – Set The Boy Free

Una mattina, dopo aver fatto nottata, eravamo tutti in cucina e Karl era lì con una canottiera nera e i boxer. Andrew Berry mi prese da parte e mi disse: «Johnny… tu hai una vita pazzesca». «Ah sì?», dissi. «Perché?». «Be’», rispose, «a casa tua c’è uno dei Kraftwerk… in mutande».

Set The Boy Free è zeppo di episodi del genere e più ci si immerge nella lettura più è chiaro che non si tratta di ostentazione o sterile name-dropping: Johnny Marr ha vissuto solo quel tipo di vita «pazzesca» e non potrebbe raccontarne una diversa.

Come quando lavorava da X-Clothes e si presentarono lì «il grafico Peter Saville con un altro tipo della Factory, un certo Mike Pickering. Erano appena stati alla riunione per una nuova discoteca che stavano per costruire e parlarono di un architetto di interni di nome Ben Kelly e dei New Order. Tirarono fuori un rotolo di progetti e li aprirono sul bancone del negozio. Sembrava una cosa importante, e Mike e Peter erano entusiasti. Chiesi come si sarebbe chiamato il locale e loro ci dissero “The Haçienda”». Ops.

Altrettanto chiaro diventa il fatto che pensare a lui solamente come un ex Smiths è estremamente riduttivo, non solo perché la band si sciolse quando Marr aveva solo 24 anni, ma perché la stessa passione, convinzione e curiosità che lo portarono (letteralmente) a bussare alla porta dello sconosciuto Steven Patrick Morrissey in quel giorno del 1982 continuano a guidarlo ancora oggi.

Lo hanno portato a comporre colonne sonore con Hans Zimmer, a collaborare ad album come Dusk dei The The, Naked dei Talking Heads (dal quale basterebbe (Nothing But) Flowers), ad entrare a tutti gli effetti nei Modest Mouse (il frutto è We Were Dead Before The Ship Even Sank) e nei Cribs (Ignore The Ignorant), a togliersi soddisfazioni con gli Electronic e capitanando i bizzarri Healers ad inizio del millennio, fino ai recenti album a suo nome (senza contare Kraftwerk, Pretenders e molti, molti altri).

Marr racconta tutto con un candore a tratti straniante, tanto da rimanere increduli: è davvero così semplice rimanere per tutta la vita con la stessa persona incontrata a sedici anni? Davvero basta così poco per smettere di bere, diventare vegani, correre l’equivalente di una maratona a settimana, decidere ad un certo punto che Portland può essere la tua nuova casa, valutare degno di fiducia uno come Noel Gallagher ben prima che incontrasse Alan McGee?

Tranne quest’ultima, probabilmente, le altre sono questioni che non vengono più facili solo perché uno è Johnny Marr. Quindi?

La narrazione di Set The Boy Free insegna che ogni apparente sacrificio, ogni sforzo e ogni ostacolo sono ben poca cosa di fronte al pensiero veloce, alla rapidità d’azione, alla prontezza d’animo ed ad un obiettivo chiaro. E in fondo è questa la lezione che si può trarre da questo libro, che è quindi nello spirito – sempre ostinatamente  propositivo ed entusiasta – che dovremmo provare ad essere tutti quanti un po’ Johnny Marr. Forse la vita verrebbe più semplice.

In Italia Set The Boy Free è pubblicato da Edizioni Sur; va detto che in alcuni passaggi la traduzione poteva essere migliore, ma ciò non toglie che si tratta di un volume scorrevolissimo e di un racconto affascinante.