Appunti Greatest Hits / Best Of

100 Best Of da riscoprire (9)

Penultimo viaggio tra i 100 best of / greatest hits che secondo noi meritano diversi giri e replay. Qui i precedenti.

Brian EnoFilm Music 1976-2020 (2020)

Le composizioni che nel tempo Brian Eno ha destinato al cinema non vivono né di aperture melodiche di stampo morriconiano, né del futurismo epico in stile Hans Zimmer; piuttosto, sono lavori in piena continuità con le sue esplorazioni ambient – tanto che questa raccolta lascia aperta la domanda: in cosa davvero si distinguono dai brani che avrebbero potuto finire su un suo album? Questione concettuale, probabilmente. Sia come sia, sono lavori sublimi che hanno trovato nelle immagini un loro naturale sbocco. E che quelle immagini siano classici generazionali come Trainspotting (Deep Blue Day), serie tv recenti e piuttosto usa e getta come Top Boy (The Sombre, Top Boy), o documentari della BBC (Undersea Steps) davvero poco importa.

Van Morrison The Best Of Van Morrison (1990)

Finché non ci si imbatte in questa raccolta, Van Morrison sta nella lista degli artisti per i quali mettere insieme un best of sembra impresa impossibile (un altro? Bob Dylan: BUONA FORTUNA). Perché con quali criteri o coordinate si potrà mai fare un lavoro simile? Invece, appunto, The Best Of Van Morrison è una scoperta strepitosa: presenta il percorso di Van Morrison dal lato più accattivante, melodico, trascinante, persino giocoso. E fa innamorare senza fatica. Non vuole essere un compendio, piuttosto un’esca. Tanto non per questo vi lascerete scappare Moondance, Astral Weeks, Tupelo Honey o Veedon Fleece. Vero?

The Jimi Hendrix Experience Smash Hits (1968)

Il catalogo di Hendrix è stato ormai sfruttato ben oltre ogni possibile limite di decenza, ma curiosamente Smash Hits – pubblicata quando ancora era vivo e vegeto – rimane ad oggi l’unica raccolta che rappresenti dignitosamente il suo lascito. È essenziale e completa, c’è tutto quello che c’è da sapere sul mito e la sua arte. Niente cazzeggi, versioni alternative o porcherie raccattate in cassetti abbandonati degli studi di registrazione; nessuna traccia espungibile e nessuna in più sarebbe adatta a stilizzarlo. 40′ perfetti e definitivi.

Ocean Colour Scene Songs For The Front Row (2001)

Responsabili di un classico britrock anni ’90 (Moseley Shoals), gli Ocean Colour Scene nascondono nella loro prima discografia un’altra bella manciata di brani riuscitissimi. Sono ovviamente dominati dalla chitarra magica di Steve Cradock (uno dei nostri 14 Chitarristi da riscoprire) e da un talento melodico che spesso gli altri competitor del binomio Blur/Oasis potevano scordarsi. A dimostrarlo, tra le altre, il gioiellino Mechanical WonderBetter Day, dalle nostre parti conosciuta soprattutto per aver ispirato Cesare Cremonini a scrivere Un Giorno Migliore per i suoi Lùnapop.

The House Of Love The House Of Love 1986/88: The Creation Recordings (2001)

Ok, questo non è un vero e proprio best of – però bisogna a tutti gli effetti trattarlo come tale, perché raccoglie quanto registrato dagli House Of Love sotto il patronage della Creation Records di Alan McGee. Il fatto speciale è che la maggior parte di questi brani furono ri-registrati per il loro debutto eponimo ed il successivo Butterfly: qui però sono nella loro forma primordiale, grezza e – da ultimo – originale. Tutto quanto combinato dalla band di Chadwick e Bickers dopo quei due album praticamente non va nemmeno considerato.

Foo Fighters Greatest Hits (2009)

Non solo Dave Grohl è riuscito a rifarsi una vita dopo i Nirvana, ma è anche riuscito a guardare tutti dall’alto, stavolta in prima persona. E a farlo scrivendo brani incredibili, mettendo in ogni cosa un entusiasmo più che contagioso. È qualcosa di oggettivamente straordinario e per cui è giusto che goda di infinita ammirazione e di incommensurabile rispetto. Non abbiamo mai nascosto, su queste pagine, che a nostro avviso per buona parte degli ultimi vent’anni i Foo Fighters non sono stati all’altezza delle loro premesse, delle loro potenzialità e della prima parte del loro percorso. Da molto tempo sono diventati roba perfetta per chi vuole rockeggiare al ritmo di Virgin Radio. Quindi, in perfetta coerenza, diciamo che va ascoltato Greatest Hits (che copre il periodo 1994 / 2009) per comprendere quanto potrebbero ancora essere grandiosi, o comunque quanto lo siano stati.

America – History: America’s Greatest Hits (1975)

È probabile che i singoli degli America vi sembreranno un paradiso a confronto con quelli firmati Crosby, Stills, Nash & Young: molto più nitide e facili le melodie, incredibile la produzione. Per quest’ultima il merito va a George Martin: vero che quando il trio iniziò a collaborare con lui aveva ormai diversi album alle spalle e la maggior parte del materiale finito su questa antologia era già edito, ma fu l’ex quinto Beatle a metterci le mani proprio per History: America’s Greatest Hits. Che ovviamente ebbe e continua ad avere un successo commerciale incredibile, e a raggiungere vette di goduria sonora altissime.

Oasis – Time Flies… 1994-2009 (2010)

Può starvi sul cazzo Noel, ma è lui che ha scritto Wonderwall, Don’t Look Back In Anger ed un’altra bella manciata di brani tanto incredibili che a voi non riuscirebbe nemmeno se vi reincarnaste. Può starvi sul cazzo Liam, perché è nato e morirà bulletto di periferia, ma senza la sua voce la maggior parte di quelle canzoni sarebbe completamente diversa – e per carisma e presenza è l’unico vero frontman che negli ultimi 30 anni possa definirsi tale. Possono, poi, starvi sul cazzo gli Oasis. Perché non hanno certo reinventato la ruota, perché sono stati una gang riottosa – e a tratti una sitcom – più che una band. È impossibile dimenticarsi di tutto, o li si ama o li si odia. Ma se siete da quest’ultima parte della barricata, dovreste far cadere ogni preconcetto, mettere su Time Flies... e prepararvi ad essere comunque convertiti al verbo.

The White Stripes My Sister Thanks You And I Thank You Too (2020)

Al giro del millennio, i White Stripes hanno preso il blues rurale e gli hanno riattaccato l’elettricità, rivitalizzandolo e vendendolo alle nuove generazioni – che se lo sono preso come fosse un’invenzione del duo. Fortunatamente, Jack e Meg non hanno mai pensato di appropriarsene alla stessa maniera che fu dei Led Zeppelin, hanno sempre rivendicato il loro ruolo di semplici messaggeri. Va detto che i loro album, soprattutto col senno di poi, si sono fatti via via più vari e più schizofrenici: difficile prendere in blocco Icky Thump o Get Behind Me Satan. Per chi non ha dimestichezza, forse è altrettanto difficile accettare sino in fondo The White StripesDe StijlWhite Blood Cells (Elephant comunque no, inammissibile non tollerarlo), e allora ecco questo greatest hits che può mettere d’accordo tutti e che sarebbe francamente indatabile in altre circostanze. Nessuno spunto power blues suona così fresco da allora. Il titolo, poi, è la perpetrazione di un altro giochetto che i WH reintrodussero nel rock’n’roll: la mitologia, proprio all’alba di un’era in cui ogni inganno sarebbe stato (più) facilmente smascherabile.

Charlatans Forever. The Singles. (2006)

Le parole sono importanti, altrettanto lo è la punteggiatura: quella del best of che i Charlatans pubblicarono a metà degli anni zero è di per sé uno statement. Giustificato, perché se è vero che stanno ancora facendo cose interessanti, è altrettanto vero che la loro legacy risiede soprattutto nei ’90 (su tutti: il debutto eponimo e Tellin’ Stories). È da lì che pesca Forever. The Singles., nel frattempo riuscendo a mettere in luce molti momenti assai ispirati da quello che è venuto dopo. Uno soprattutto, A Man Needs To Be Told da Wonderland (2001).