Appunti

Under My Thumb, negli anni

Under My Thumb sta su Aftermath, album che i Rolling Stones pubblicarono nel 1966. Fu il loro primo album composto esclusivamente da materiale originale.

Il brano uscì come singolo solo in alcuni mercati, ma mai in Inghilterra o negli States; ciò nonostante è uno dei più famosi degli Stones.

Una delle ragioni, la più basica, è che si tratta di una canzone estremamente orecchiabile. Inoltre porta con sé diverse storie, notevoli, che le hanno riservato un ruolo di spicco non solo nell’ambito della discografia degli Stones ma all’interno del più vasto orizzonte della pop music (sul punto torniamo tra poco).

Una, ovviamente, riguarda il suo testo. Under My Thumb sembra parlare di possesso e sottomissione e per questo provocò non poco sdegno tra i movimenti femministi e non solo. Jagger, dal canto suo, ha sempre sostenuto trattarsi di un fraintendimento: le parole andrebbero interpretate leggendoci un esito in cui l’uomo è finalmente libero dagli ammalianti capricci di una donna ed è lui, ora, a tenerla in scacco. È una faccenda complessa e diversa da quella sulla quale vogliamo concentrarci.

Piuttosto, questo brano ha attraversato diversi decenni rimanendo intatto nel suo fascino. Nel frattempo si è trasformato ed adattato a diversi periodi storici e mode.

Under My Thumb è uno dei più fulgidi esempi di ‘quando il rock si chiamava pop‘, cioè di quel momento storico in cui artisti come gli stessi Rolling Stones, i Beatles, gli Who e qualunque altro nome fondante il rock’n’roll come lo intendiamo oggi (e così la loro musica) erano considerati roba estremamente commerciale, non sufficientemente ricercata, confezionata ad hoc per una fascia di consumatori molto giovani.

Per certi versi era effettivamente così, però oggi – e da molti decenni ormai – sarebbe difficile inquadrare Under My Thumb (o My Generation, o Day Tripper) nel mainstream puro e semplice, visto quanto si è ampliato il divario tra quanto veniva creato nei sixties e le produzioni più smaccatamente generaliste.

Con il lessico odierno, il motivo che introduce Under My Thumb, e che poi si ripete praticamente lungo tutti i suoi 3’41”, è un earworm. Fu concepito da Brian Jones ed è lui che lo suona, con una marimba (i.e. uno xilofono, ma di legno).

Jones aveva praticamente fondato i Rolling Stones e poi fu messo alla porta nel giugno ’69; meno di un mese dopo fu ritrovato annegato nella sua piscina. Fu il primo di quello che comunemente viene chiamato ‘il club dei 27‘, il suo allontanamento e la sua morte sono una delle storie più nere sulle quali si fonda la mitologia degli Stones.

Quel riff è uno dei suoi più grandi lasciti, probabilmente il più famoso dopo il sitar di Paint It, Black, ed è un ottimo esempio di cosa portasse alla band: Brian Jones non era solo un ottimo chitarrista blues, era anche un polistrumentista dotato e curioso e un grande arrangiatore. Con il suo allontanamento si chiude la prima fase della vita dei Rolling Stones, che lo sostituirono con Mick Taylor.

Taylor era un chitarrista forse ancora più bravo, ma si fermava lì. Con il suo apporto, però, gli Stones realizzarono i loro più grandi album, Sticky Fingers e Exile On Main St. (anche il primo di quella incredibile tripletta, Let It Bleed, vide la sua sporadica partecipazione).

Tornando ad Under My Thumb, il brano parte con il rullante sbatacchiato da Charlie Waits e subito il riff di marimba ci si innesta sopra, doppiato dal fantasioso giro di basso di Bill Wyman (uno dei nostri preferiti di sempre). Si aggiunge poi, sul ritornello, il basso fuzz.

Nella nella sua versione stereo (la più comune – Aftermath fu in effetti il primo album che gli Stones realizzarono propriamente in stereo), tutto questo sta sul canale sinistro e viene punteggiato, sul destro, dalle chitarre di Keith Richards.

L’effetto scenico così conciato è di per sé incredibile lungo tutto il brano e raggiunge diversi apici: nell’introduzione, nel break strumentale un attimo prima dei 2′, e poi in coda – dove per diverse decine di secondi Jagger accompagna gli strumenti solo con il suo ansimare animalesco.

Il risultato è che con Under My Thumb sembra di trovarsi, contemporaneamente, in un negozio di carillon e nel bel mezzo di un’orgia.

Nei concerti il compito della marimba venne da subito assolto principalmente dalle chitarre (il video della performance che trovate sopra, dove effettivamente Jones suona quello strumento, è molto a favor di camera).

Così testimonia la prima versione live disponibile, quella contenuta in Got Live If You Want It!, album pubblicato nel dicembre ’66 tanto anfetaminico quanto confusionario nei suoni.

Nell’esecuzione che si trova nell’edizione per i 40 anni di Get Her Ya-Ya’s Out!, poi, quel riff è addirittura suonato solamente dal basso di Wyman.

Più che un caso sembra una scelta precisa del periodo, dato che lo stesso accade durante il culmine tragico di quella serie di concerti americani del ’69 – l’esibizione di dicembre al festival gratuito della Altamont Speedway di San Francisco, durante cui un fan, Meredith Hunter, fu accoltellato a morte dagli Hell’s Angels, la gang di motociclisti che si occupava della security.

È un’altra di quelle storie oscure da cui muove la mistica dei Rolling Stones, che proprio durante il fattaccio avevano attaccato una versione narcolettica di Under My Thumb (e non invece, come vorrebbe la leggenda, di Paint It, Black). La clip qui di seguito viene da Gimme Shelter, il documentario che racconta proprio quel concerto. Trasuda orrore e confusione.

È curioso sentire Under My Thumb così lenta. Certo, nel contesto inquietante della Altamont Speedway, verosimilmente, gli Stones scelsero di non alzare il ritmo, per evitare ulteriore concitazione e provare a calmare le acque.

Però, così, torna alla mente l’omaggio che le avevano tributato i Blind Faith (il supergruppo formato da Eric Clapton, Ginger Baker e Steve Winwood) sei mesi prima, quando debuttarono dal vivo davanti a centomila persone nel cuore di Londra, Hyde Park.

Nella loro rilettura il tempo, appunto, è consistentemente rallentato e dettato dall’organo di Winwood; gli innesti di Clapton danno un brio diverso; il risultato, anche per la linea vocale che viene seguita, è più vicino a Otis Redding che agli Stones.

 

Quella dei Blind Faith non è l’unica rivisitazione di Under My Thumb dalla sua pubblicazione alla fine degli anni ’60. Nel 1967, infatti, gli Who avevano deciso di farne una cover per sostenere un’iniziativa molto particolare.

C’entra un’altra delle infinite vicissitudini dei Rolling Stones, stavolta la famosa retata della polizia a Redlands, la residenza di campagna di Keith Richards nel Sussex, ad interrompere un festino. Era il febbraio ’67 e da quell’evento nacque la leggenda di Marianne Faithfull e la barretta di Mars.

Soprattutto, vista la quantità di sostanze psicotrope trovate durante la perquisizione, Jagger e il proprietario di casa finirono sotto processo con il rischio di una condanna esemplare.

In molti si mobilitarono: centinaia di ragazzi iniziarono a protestare lamentando una (ritenuta) persecuzione contro i loro idoli, raccogliendo notevoli appoggi da parte di altri artisti – anche perché la questione dell’atteggiamento delle autorità verso i cambiamenti sociali di cui gli artisti stessi si facevano portatori li riguardava in prima persona.

Fu così che gli Who decisero di registrare due brani degli Stones e raccogliere fondi perché potessero pagare la cauzione; uno fu The Last Time e l’altro, appunto, Under My Thumb.

È una versione che suona rabberciata e in effetti fu messa su in fretta e furia. La parte più discutibile sembrano i controcanti e i cori di accompagnamento, c’è poi da domandarsi come sarebbe uscita se il basso fosse stato suonato effettivamente da John Entwistle, che però in quel momento si trovava ancora in viaggio di nozze (e quindi fu Pete Townshend a provvedere).

Sembra che l’entusiasmo per Under My Thumb scemò nel corso degli anni ’70: non è presente in alcuno degli album dal vivo pubblicati dagli Stones a documentare quel periodo né se ne trova traccia (databile allora) tra i brani che vanno a riempire le onnipresenti riedizioni.

Di certo c’è che il brano riappare all’inizio del decennio successivo. Nel frattempo Taylor ha mollato da un po’ (1974) lasciando il posto a Ronnie Wood.

Nel tour 198182 Under My Thumb è la canzone con cui i Rolling Stones aprono i concerti negli stadi americani (documentati da Still Life) ed europei (v. la registrazione proveniente da Wembley sull’edizione deluxe di Tattoo You).

È una circostanza che ben riflette il mood generale di quelle date, zeppe di adrenalina, entusiasmo e – visto il periodo – di scenografie coloratissime, abbigliamenti improbabili e abbondante make-up.

Ad oggi, sono ormai diversi decenni che i Rolling Stones non suonano in un posto che non sia uno stadio, l’unica eccezione è, praticamente, la serie di concerti che diedero vita a Stripped.

Under My Thumb non è uno di quei brani sempre in scaletta, ma rappresenta un diretto collegamento con un passato remotissimo, con la loro stessa origine, con il decennio che ha cambiato per sempre la società occidentale e nel quale la band ha giocato un ruolo decisivo.

Qui sotto un’esecuzione dal tour di Bridges To Babyon, uno degli album con cui negli anni ’90 gli Stones tentarono di tener viva la fiamma.

1 fu la raccolta che introdusse i Beatles alla generazione dei millennials; nel caso dei Rolling Stones si trattò di Forty Licks. Era il 2002 e da allora Mick Jagger e i suoi si sono preoccupati soprattutto di perpetrare il mito, di autoconservarsi. Come faraoni egizi, hanno loro stessi scelto – lo stanno tutt’ora facendo a discapito di tutto – in quale modo essere ricordati e tramandati. Ogni tanto aggiungono qualcosa di effettivamente epico come quella gita a Cuba.

A Bigger Bang, il loro unico album di materiale originale da allora, lascia a desiderare. Nel tour che ne seguì, Under My Thumb fu ripescata diverse volte.

La performance che segue è ancora esteticamente più imbarazzante di quelle di inizio anni ’80, per la scelta di Jagger di utilizzare un microfono ad archetto (lontanissimo dai canoni rock’n’roll) e dimenarsi per tutto il tempo come la più discutibile delle soubrette.

Due note a margine. Quelle firmate Who e Blind Faith non sono le uniche riletture di Under My Thumb. È datata 1996 la versione dei Social Distortion, molto nel loro canone.

Nel 2015 ci si cimentò Kim Carnes, ovviamente invertendo la prospettiva di genere e inzuppando il brano di sintetizzatori – a tal punto che sembra qualcosa degli Europe.

A parte l’originale, la versione di Under My Thumb che da sempre preferiamo è quella arrangiata dai Veronica Falls ai tempi del loro debutto, inzuppata di riverbero e oscurità.

Ultima: il brano di cui abbiamo parlato sin qui è l’unico del catalogo dei Rolling Stones che sembra non stonare nella rivisitazione Bossa N’Stones. Il motivo è ovviamente il riff di marimba, perfetto per risistemarsi a latitudini tropicali.